L’ubicazione dell’osteria

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L’ubicazione dell’osteria Vecchio Baker

Esiste un detto nato in base a delle rivalità campanilistiche secondo le quali accusava i soresinesi di essere riusciti a far bere all’oca nel fiasco, ma i soresinesi stessi affermavano che l’oca, spontaneamente aveva bevuto nel fiasco, e che quindi il vino soresinese era il più buono.

La decisione presa nel 1946 di spostarsi dal lato opposto della strada, fu una scelta azzeccata, perché permise l’ampliamento dei locali. In oltre nella stesso complesso vi era pure la presenza della bottega (tuttora esistente ma come casa privata) dei famosi artigiani nella costruzione delle botti. Pe questo ci viene ancora in aiuto il periodico “Cronaca Soresinese” del 2011 che nel retro della copertina riporta questa foto

i bottai al lavoro nel cortile del Vecchio Baker
i bottai al lavoro nel cortile del Vecchio Baker

Nella foto sono ritratti i bottai Ruggero (1906/1976) e Francesco (1904/1974) Azzaro. I fratelli Azzaro, entrambi celibi, soprannominati “Temerìmpi”, erano immigrati nella nostra città nel 1929, provenienti da Barletta ed esercitavano l’attività artigianale di bottai. La loro bottega era situata in via Piacenza (oggi via Dante al civico numero 17), nel cortile dell’osteria il “Vecchio Bàker” [ora ristorante]. Si possono notare sullo sfondo due fienili anch’essi tutt’oggi esistenti ma naturalmente ristrutturati, mentre sulla sinistra la porta ingresso della bottega dei due artigiani.

In primo a destra è Francesco che impugna il “calcadùur” [spingitore] che è una specie di martello a due teste sagomate usato per battere i cerchi delle botti e lo si percuoteva con altro martello o una mazza: proprio l’operazione che sta compiendo il fratello Ruggero, ritratto a sinistra. La fotografia è degli anni ’30 del secolo scorso e mostra i fratelli Azzaro mentre stanno costruendo una grossa zangola, riconoscibile per la tipica imboccatura ricavata sulla sua circonferenza. In primissimo piano, a destra, è pronto l’oste con vassoio, bicchieri e un litro di vino rosso fresco di cantina, che attende i lavoranti per un momento di ristoro.

Si capisce bene che l’oste Romano, che produceva vino di origini meridionali tipicamente delle zone della manduria, si serviva pure dell’operato dei due artigiani di cui sopra, al fine di poterne far vinificare il vino in apposite botti.